quaderni del Cesaf – NATALE E’ AMORE

 

A tutta prima può apparire inusitato, inappropriato accostare il cantautore Antonello Venditti sia alla concettualizzazione dell’amore nella sua più ampia e variegata complessità ontologica, sia al Natale che non è e non deve essere il solo momento, la sola occasione per celebrare la nascita di Gesù, la sacralità della famiglia come ente universale, proporsi, aspirare, interpretare, interiorizzare il vero, il verbo, la speranza, la bellezza, la vita che si rigenera, un nuovo, altro giorno, un futuro che è già domani, un periodico, costante rinnovarsi, confrontarsi con se stessi, dare amore ed essere riamati.

Il noto artista in una delle sue composizioni, forse una delle meno conosciute, come “Regali di Natale” è riuscito non solo a trasmettere prepotentemente i sentimenti, le emozioni, gli impulsi, le affettività che connotano il sacro evento ma, nel contempo, a evidenziare che esse non devono essere abitate, limitate e circoscritte ad una ricorrenza annuale bensì devono essere vissute quotidianamente: “il Natale è tutti i giorni, per chi lo sente nel profondo del proprio cuore”.  Si nasce all’alba di ogni nuovo giorno quando si rinnova il miracolo della vita, di quella della fauna, nell’aria con il volo degli uccelli, nel mare con il riemergere delle balene ed i tuffi dei delfini, col pulsare delle anemoni, sulla terra con il rincorrersi di cavalli bianchi sulla battigia al sorgere dei primi raggi di un nuovo sole, con il risveglio della foresta scandito dal ruggito del suo re leone, della flora con lo sbocciare di un nuovo fiore, con la gemmatura di una nuova pianta, e per quella della umana esistenza grazie all’amore per il prossimo, per il bello, per la verità, per la giustizia, per  il proprio credo, per il lavoro, per l’affetto verso i propri cari, per ciò che riusciamo a realizzare, per come ci poniamo verso gli altri,  ma principalmente verso Dio.

La rutilante, a volte spasmodica, spesso ansiosa, esitante, timorosa routine quotidiana, ci distrae, ci fa dimenticare quel sincronismo sempre presente e mai tramontato che mette sullo stesso piano e nello stesso tempo la categoria dell’amore, precondizione e funzione della categoria dell’attesa, prodomica della categoria della gioia per il realizzarsi di un evento tanto, fortemente auspicato, atteso, desiderato, immaginato, voluto. Con la spinta e con la forza dell’amore non solo si rinnova con puntuale cadenza la cronicità delle feste di fine anno, che hanno al loro culmine la ricorrenza della nascita di Gesù,  la più attesa e celebreta, tal volta  ahimè in maniera frivola, dalla cristianità, non solo quella di fede cattolica, ma si perpetua, si anima, si da senso, impulso, orientamento alla nostra vita di tutti i giorni. La realtà dell’amore è indissolubilmente ed ininterrottamente linfa della nostra esistenza, non solo di quella terrena. Non dimentichiamo che siamo fatti ad immagine e somiglianza divine. Con l’amore di Dio siamo stati creati noi ed il nostro mondo. L’amore divino posto nella creazione e nella redenzione è più potente della morte e non solo ci libera dalla morte setssa ma ci conduce, ci fa approdare ad una nuova vita trasformata e definitiva. L’amore del genere umano non è immotivato, è sempre assistito e generato da ragioni che intervengono e spiegano una scelta  p. es. di un partener o di una professione.

Tuttavia, però, da soli i motivi razionali non riescono mai a giustificarne completamente ed assolutamente le opzioni le alterità, la concreta attuazione. Essendo un atto supremamente libero, l’amore non può essere forzato ed è per sua natura gratuito, è spontaneo ed altruisco di per sé. E’ un atto misterioso di libertà che è creativamente autodeterminante, cioè rivelativo di noi stessi, specie quando doniamo qualcosa di materiale o di immateriale. Vi è distinzione, ma allo stesso tempo anche stretta correlazione tra l’amore come dono che possediamo, che va oltre la ragione ed il ragionevole, e la sua pratica attuazione, attivazione, manifestazione, iterazione, generosa, spontanea metafisica dell’altro diverso dono quello natalizio. Attraverso la figura la dazione, la formazione e formulazione del dono si ripete, si riafferma, si riconfigura il connubbio tra la categoria valoriale dell’amore come sentimento intimo e quella altrettanto valoriale, ma in altra veste e per altri aspetti, simbolica del dare spontaneo, della celebrazione e del festeggiamento della Natalità.

L’amore è anche attività creativa nella misura in cui e con  molteplici modalità dà vita e fa esistere ciò che il giorno prima non c’era. Classicamente e principalmente ad. es. nella sua manifestazione generativa con la procreazione di nuove creature viventi, seguito da quello ulteriore ed insostituibile per la crescita,  il sostentamento, la cura,  il mantenimento, lo sviluppo della nostra specie. E’ il caso  delle professioni mediche, didattiche, il lavoro degli artisti, degli scrittori, degli architetti, di tutte le filiere produttive, nonché del lavoro di chi esercita il ministero pastorale per il nutrimento spirituale delle nostre anime, tutte attività riccamente dimostrative ed illustrative della forza vitale e creativa dell’amore. Naturalmente, e non a caso naturalmente, tutto ciò è possibile quando ciascuno di noi mette, pone amore nelle cose che fa, mette amore nel suo senso più autentico quando spontaneamente ed interiormente avvertite sente di fare qualcosa per sé, per  il proprio simile, per gli altri. Per Noi che facciamo parte della grande Famiglia di ANLA l’amore è l’impegno che, quotidianamente si rinnova, poniamo e volgiamo verso il prossimo, è un forte sentimento comunitario che ci fa stare assieme, un convinto sentire ed avvertire con passione, con slancio, la comune cifra stilistica della condivisione in amicizia. Essere costruttori di amicizia, di nuove relazioni interpersonali governate dalla semplicità e dall’altruismo, porre se stessi al servizio degli altri, comunicare, connettersi e riconnettersi con amici vecchi e nuovi, intrecciare e scambiare idee e propositi, acquisire e ricambiare nuove conoscenze di fatti, di esperienze, di persone, di cose, ci rendono artefici e protagonisti di quello che, sia consentita e si perdoni l’enfasi,  potremmo definire magistero dell’amore sociale.

La polisemica e rizomatica pratica dell’amore nelle sue più varie e molteplici espressioni terrene, sentimentali, morali, religiose, in maniera subliminale ci accompagna, senza che ce ne accorgiamo troppo, alla formazione di un sentire, ad una predisposizione, a creare in noi stessi  un sentimento di attesa, di aspettativa, di piacevole sospensione  inizialmente poco avveduto ed avvertito e con l’approssimarsi del Natale sempre più vivo, cosciente, praticato: è il tempo dell’Avvento. Stricto sensu il tempo dell’Avvento, risalente al VII secolo, è riferito alle quattro settimane che precedono il Natale. Esso è stato chiamato tempus ante natale Domini (tempo che precede la nascita del Signore) o tempus adventus Domini  (tempo della venuta del Signore). Papa Gregorio I detto Papa Gregorio Magno (Roma 540 – 604) fissò le domeniche di Avvento per la Chiesa Occidentale in quattro feste, cioè le quattro domeniche che stanno simboicamente a rappresentare i quattromila anni che gli uomini, secondo l’interpretazione di allora, dovettero attendere per la venuta del Salvatore dopo aver commesso il “peccato originale”. Parafrasando e reinterpretando in misura poco poetica il titolo del celebre libro di Milan Kundera (aprile 1929 – luglio 2023) scrittore e poeta francese “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, in maniera e con fare spensierato già dopo l’epifania ci pervade e ci attrae quella “leggerezza” con la quale ci lascamo trasportare verso agrodolci  pensieri e propositi di terrena esistenza. Con accentuata materialità e materialismo pratico gà incominciamo a pensare con quali altri festoni addobbare il prossimo albero di natale, con quali nuovi pastori ripopolare il prossimo presepe, quali regali graditi fare oppure non fare perchè non piaciuti, con un pizzico di mal celata malizia quali regali riciclare alla prossima circostanza, approfittare delle occasioni, dei saldi, delle offerte per acquistare a prezzi convenienti. All’inverso con fare e con propositi ben più saggi, seri e virtuosi, grazie all’amore che è in noi, passata l’epifania (che sardonicamente tutte le feste porta via)  interpretiamo ogni giorno l’attesa, il tempo che ci separa dal Natale, come un intervallo, una austera e propizia stagione di preparazione nel presupposto della speranza e del desiderio. Interpretiamo l’epifania non come momento finale e coclusivo di una stagione, ma come punto di ripartenza di un nuovo periodo, di un lungimirante paradigma per acquisire ed appropriarsi del senso del desiderio come dimensione interiore e spazio di manovra per fare del nostro meglio, migliorare noi stessi giorno dopo giorno con lo scopo che l’evento atteso (il Natale) arrivi nel migliore dei modi.

Da adulti abbiamo una maggiore, aggiuntiva  importantissima responsabilità, un ulteriore impegno morale e formativo verso i più giovani da praticare con coscienza e costanza, specialmente verso i bambini, non senza sminuire o tralasciare quello volto a mantenere un armonioso clima familiare. Nel tempo dell’attesa, ancorchè arduo e difficile, in particolar modo genitori e nonni, vediamo che si assumono il delicato compito di trasmetere ai bambini i concreti e tangibili significati che stanno dietro all’attesa di una festa che è il ricordo di un qualcosa avvenuto molto tempo fa. La pratica attuazione di questa missione, di questa funzione sociale ed educativa si concreta nel mentre quotidianamente, con amore e dedizione, si sta vicino ai bambini p.es. semplicemente, accompagnandoli a scuola, raccontando favole, aiutandoli nei compiti, dandogli un amorevole carezza, dandogli il bacio della buonanotte, insegnando e rendendoli partecipi delle tradizioni familiari natalizie, dedicando loro spazi, ma principalmente la nostra risorsa più preziosa: il nostro tempo. Un tempo di amore che, con riferimento alla terza delle caegorie valoriali in proemio,  è anche un tempo di gioia. Ce lo dice Papa Francesco nel suo libro “Buon anno – La gioia del Natale che ci anima” quando  scrive: “ogni giorno custodisce una gioia”, vieppiù quando celebriamo la nascita di Nostro Signore. Non quella per il regalo che riceviamo la notte del 24 dicembre, o per lo meno non solo quella, ma principalmente ed essenzialmente la gioia vera, non un sentimento transitorio, di effimera euforia, né illusorio antidoto per contrastare la sofferenza, ma quella che nasce e si rinnova nella speranza, nella condivisione, nello stare insieme in pace, serenità ed amicizia, nella consapevolezza di festeggiare l’anniversario della prima venuta del Signore, l’unico Dio in tutta la storia delle religioni che si fa uomo tra gli uomini. Altra ed alta professione di gioia, in occasione del Natale, è quella che troviamo nel Vangelo di Luca: “Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Per i tanti che ogni giorno con tanta passione e dedizione si impegnano in opere di volontariato appare e si manifesta in tutta la sua meastosità, grandiosità, il potente messaggio, la simbolicità della nascita di colui che il teologo Dietrich Bonhoeffer (04/02/1906- 09/04/1945) ebbe a definire “l’uomo per gli altri” nel segno e nel solco della dedizione, del donarsi, dello spendersi, dell’essere non per sé ma per gli altri.

Nella nascita di Gesù vi è il riferimento di ogni nascita e di ogni forma di vita; in essa è insita la gioia ed  il senso dello spendersi gratuitamente per gli altri senza attendere contraccambi e riconoscimenti, contenti e fieri del proprio essere per gli altri con modestia, sobrietà, altruismo, e senza cedere a quella visibilità oggi tanto, troppo spesso cercata ed esibita. Per altri aspetti meno trascendenti ed immateriali, la profilazione scientifica coniuga l’aspetto, che rende attraente ed importante per l’uomo moderno la gioia, nella sua forza motrice, nella sua dinamica emozionale, nell’energia e nello stato di attivazione che è in grado di suscitare e che lo spinge a raggiungere i suoi obiettivi. Sempre in termini scientifici ed epistemiologici, ancorchè estranei al senso, allo spirito ed alla ermeneutica, del paradigma a presidio e significato delle notazioni che precedono, gli studi sistemici svolti in poposito hanno dimostrato che la gioia nel raggiungere gli obiettivi attesi abbia condotto l’uomo nel lungo processo di evoluzione della specie. Quegli stessi uomini che cristianamente a Natale celebrano la nascita di un Dio che si è spogliato della sua divinità per farsi compagno di strada nel viaggio della umana esistenza, per farci vivere senza paura ma con amore e gioia ogni esperienza e vicissitudine che il destino ha riservato per ciascuno di noi.

Ottobre 2023 – G. Taddei

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da maestrilavoro

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