Quaderni del CESAF: Le inflazioni

L’inflazione non monetaria

Il complesso ed articolato fenomeno dell’inflazione, se affrontato e sottoposto ad una approfondita ed  olistica analisi ci porta ad indagare e renderci conto di una realtà che viene da lontano, connotata da caratteri pervasivi e rizomatici. Vediamo perché. La parola è di origine latina (inflatio) con il significato di enfiamento gonfiatura.

Già nella storia antica si trovano numerosi periodi inflattivi: alcuni risalenti addirittura all’antico Regno di Egitto intorno al 2100 A.C., altri al periodo tra il 730 a.c. ed il 620 a.c., per poi passare all’Impero Babilonese, all’Impero Persiano, all’Impero Romano d’Occidente, al Medio evo, alla Guerra di indipendenza americana, alla Rivoluzione francese, alla iperinflazione della Repubblica di Weimar, a quella dei Paesi Latino Americani come l’Argentina.

Se osservata nel suo aspetto trascendente, non tangibile, empirico, ci potrebbe sorprendere il constatare che può attenere anche alla nostra sfera affettiva come lo smisurato, unico ed insostituibile amore filiale che gonfia i cuori per la propria prole, oppure al montante sentimento del primo innamoramento, all’eccesso di tifo per la propria squadra del cuore. Nel contempo nessuno può sottrarsi al suo carattere di pervasività poiché nelle sue varianti materiali ed immateriali tutti siamo direttamente o indirettamente coinvolti ed assoggettati alle mutazioni endogene ovvero esogene di quella che è una inemendabile ed irrinunciabile costante sia economica sia finanziaria destinata a condizionare la nostra vita di tutti i giorni. Ciò a cagione del fatto che un aumento (inflazione) come una diminuzione dei prezzi (deflazione) sono diretta funzione di un eccesso oppure di una contrazione di una misura commerciale cioè dei prezzi che può derivare sia da oscillazioni cicliche sia da eventi economici occasionali (spot), sia da manovre finanziarie, monetarie, fiscali. In qualche modo con moderato accostamento filosofico, nella scia della dottrina di Platone, cioè con una sintetica riflessione di pensiero, il concetto di inflazione è strettamente correlato a quello di misura.  Sulle pagine  di “Esperienza”, il peridico dell’assaciazione Nazionale lavoratori anziani,  in passato, a titolo di esempio si ebbe modo di paragonare l’economia all’insieme degli organi di una persona e la finanza al sangue che circola nel corpo umano. La buona salute dipende dalla giusta “misura” della pressione sanguigna e dal misurato buon funzionamento di ogni organo. Non solo. Estendendo la prospettiva ad altri campi tipici dell’epoca in cui viviamo ci accorgiamo che l’esagerata disponibilità di beni o servizi ha una diretta influenza sul nostro benessere. P. es. un eccesso di parole inutili fa male ad un testo, la illimitata disponibilità di una moltitudine senza confini di informazioni non significa quasi mai maggiore conoscenza; la troppa offerta musicale, di film, di serie TV sulle piattaforme genera difficoltà di scelta e spesso si rileva illusoria perché la profilazione degli utenti ha già deciso per noi. More geometrico l’inflazione, ben vero ha impatto sulla ricchezza finanziaria delle persone, ma investe anche la comunicazione, la letteratura, l’arte, la musica. Per altro verso si rammemora il paradosso di tipo filosofico prima ancora che economico del “all you can eat” traducibile in tutto quello che puoi mangiare. In pratica: dall’abbondanza di un bene desiderabile scaturisce un peggioramento del benessere.

E’ una intuizione di John Maynard Keynes il quale sosteneva che in una situazione di generale benessere e di piena occupazione, il montare della propensione al consumo induce a desiderare sempre più beni fino a quando l’eccesso di desiderio collettivo porta ad una situazione di disagio con la perdita di potere di acquisto causata dall’inflazione. Fermo restando un contesto di generale benessere e di piena occupazione, sebbene sia legittimo e ragionevole desiderare un bene, una soluzione al problema inflazionistico sta nel saper tenere a bada gli eccessi, compiere scelte consapevoli, responsabili ed auto-limitanti in cui il tanto non si trasformi in troppo, nell’alveo di una sobrietà a cui siamo disabituati, evitare che troppo denaro in circolazione faccia lievitare i prezzi e portare all’impoverimento. Prima di trattare ulteriormente un argomento che, sebbene possa suscitare interesse, talvolta può diventare stucchevole, noioso, tedioso, sia consentita una parentesi ed una provocazione sardonica. Al riguardo si rammemora una scena, del famoso film di Totò e Peppino De Filippo “Totò Peppino e la malafemmina”, nella quale Peppino custodiva le banconote in una scatola nascosta sotto una mattonella mentre notte tempo Totò ne sottraeva qualcuna. Quando Peppino si accorgeva dell’ammanco Totò lo giustificava con l’avanzare dell’inflazione.

 

L’inflazione monetaria

Passando dal faceto al serio, anche a chi non si occupa di temi economici è ampiamente noto che con il termine inflazione si vuole indicare l’aumento prolungato (aggettivo non casuale) del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi che genera una diminuzione del potere di acquisto della moneta. In altre parole con ogni unità monetaria si comprano meno beni o servizi (con un € compro una minore quantità di pane), con la conseguente pari erosione del potere di acquisto (diminuzione del pane acquistabile). N.d.r. Una lira italiana del 1861 (proclamazione del Regno d’Italia) ha un rapporto di equivalenza di oltre 6,000 lire del 1999, di oltre 3 euro del 2006, di circa 5,17 euro del 2012. Più in generale nelle economie di mercato i prezzi di beni e servizi subiscono variazioni in qualsiasi momento sia in aumento sia in diminuzione. Si ha inflazione quando si registra un rincaro dei prezzi e conseguente e correlata riduzione del valore della moneta nel tempo. Si palesa nuovamente, a tal punto, il concetto di misura nella duplice accezione sia in senso lato ed ampio di valenza generale ed indefinita (aumento/diminuzione), sia nella sua accezione piena e stricto sensu di valore preciso e certificato (di quanto è l’aumento/la diminuzione). La rilevazione di quest’ultima, cioè la rappresentazione di una funzione numerica semplice e univoca, viene determinata dall’ISTAT attraverso la costruzione dell’indice dei prezzi al consumo, uno strumento statistico che calcola le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi chiamato paniere, rappresentativo degli effettivi consumi delle famiglie in uno specifico periodo (mese/mese oppure anno/anno). L’ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo: il NIC per l’intera collettività nazionale, il FOI per le famiglie di operai ed impiegati, l’IPCA che è l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’unione europea. Nel 1928 quando fu ideato il “Paniere” era suddiviso in cinque capitoli di spesa per un totale di 59 prodotti, per gran parte di tipo alimentare. Oggi i capitoli sono 12 per un totale di 1772 prodotti monitorati e viene aggiornato ogni anno. I prezzi possono variare per cause diverse dando luogo a inflazioni diversamente aggettivate. Si ha inflazione da domanda quando la richiesta di un bene o servizio supera la quantità offerta/disponibile e le persone sono disposte a pagare di più ciò di cui hanno bisogno. L’aumento dei prezzi può generarsi anche nel caso di un aumento dei costi di produzione, In tal caso si ha l’inflazione da offerta ove pur restando inalterata la quantità di beni o servizi richiesta si riduce la capacità produttiva oppure aumentano i costi alla fonte per una guerra, una epidemia, un evento climatico inatteso, un aumento delle materie prime, un aumento del petrolio. Milton Friedman statunitense (Brooklin 1912/San Francisco 2006) premio Nobel per l’economia ed ideologo del monetarismo scientifico sostenne la teoria della inflazione di origine monetaria, secondo la quale il fenomeno inflazionistico deriva dalla troppa moneta in circolazione e dalla troppo scarsa quantità di beni disponibili. Più in dettaglio l’inflazione monetaria si sviluppa in un quadro di prezzi perfettamente flessibili: al raddoppiare della quantità di moneta stampata, se i prezzi a loro volta raddoppiano immediatamente, la moneta non ha effetti reali, e le variazioni nell’offerta di moneta si riflettono solo in maggiore inflazione. Nella realtà, però, i prezzi di beni e servizi non sono perfettamente flessibili, ma si aggiustano gradualmente: in Europa circa in 11 mesi. Nel breve periodo, prima del totale riequilibrio, si configura l’inflazione di fondo che è guidata da due “motori”: il primo è il motore dell’attività economica reale che produce l’inflazione reale; il secondo è il motore delle aspettative che produce l’inflazione da aspettative. Nel primo caso p.es. un incremento dei costi dell’energia, come accaduto nei mesi scorsi, impatta in modo diretto sull’inflazione reale. Nel secondo caso se lavoratori e sindacati si aspettano una crescita dell’inflazione cercheranno di proteggere il potere di acquisto dei salari nominali e chiederanno aumenti che comporteranno un incremento del costo del lavoro per le imprese le quali trasferiranno gli aumenti sui prezzi. Le importazioni da Paesi afflitti da inflazione, le crisi petrolifere degli anni 70, oppure quella recente dell’aumento del gas, sono un chiaro esempio di inflazione da importazione.  Quando i mercati internazionali percepiscono che il deficit di bilancio di una nazione sia fuori controllo si aspettano che la stabilizzazione del debito avvenga attraverso una “tassa monetaria” che non è altro che la tassa di inflazione. Consiste nella perdita di valore dello stock di moneta (il totale della massa monetaria circolante) che viene a generarsi quando un governo finanzia la propria spesa pubblica creando nuova moneta. Nella disciplina economica è conosciuta come teoria quantitativa della moneta. In tempi recenti, grazie alla sospensione del c.d. “Patto di stabilità”, durante la pandemia è stato possibile adottare politiche fiscali a sostegno della domanda, p. es. attraverso l’erogazione della cassa integrazione, gli aiuti economici ai vari settori produttivi, incentivi e sussidi a determinate categorie di lavoratori. Più in generale l’adozione di politiche fiscali espansive mediante l’allentamento della pressione fiscale hanno lo scopo di sostenere, o meglio favorire la crescita economica. In entrambi i casi questi interventi di politica economica, pur raggiungendo i loro obiettivi di medio termine, ispirati e nell’intento di promuovere il benessere collettivo, generano processi inflazionistici che nella specie prendono l’etichetta di “inflazione fiscale”.  Anche nel campo delle risorse umane, che con termine poco dignitoso della persona, formano il c.d. capitale umano, si individua un fenomeno inflazionistico cui si attribuisce il termine di inflazione antropologica. In una situazione di piena occupazione vi è perfetto equilibrio tra offerta e domanda di lavoro. Quando, invece, vi è eccesso di offerta di lavoro il tasso di disoccupazione non misura altro se non quello di una inflazione antropologica. Anche in ambito ecclesiastico è studiato il problema dell’inflazione. Nel “Dizionario della Dottrina Sociale della Chiesa” si evidenzia che se troppo elevata l’inflazione incide sul pieno rispetto della dignità dell’uomo. Più fermo ed aspro il Papa che l’ha definita una tassa iniqua.  L’epilogo, la logica deduzione, interpretazione, esegesi della frastagliata e polisemica rassegna del fenomeno inflattivo in maniera ed in modalità inevitabile ed inemendabile, induce e conduce a connaturare e consunstanziare la moneta con le dinamiche inflazionistiche. In altre parole finché sarà lo strumento monetario a regolare gli scambi, a formare i prezzi, a determinare i valori delle attività economiche e finanziarie, sarà fisiologico ed endogeno occuparsi di inflazione. Altresì, per altro e diverso verso una inflazione trascendente persisterà in assenza di una umanità a misura di uomo. Naturalmente altra occasione ed altra trattazione attengono gli effetti dell’inflazione sui risparmi, sui redditi, sui debiti, sui crediti, sugli investimenti, sulla regola del 2%, su come controllarla, sulle manovre delle banche centrali e sul suo inverso cioè la deflazione.

  1. Taddei – Giugno 2023

 

 

 

Pubblicato da maestrilavoro

ll “Centro Studi e Alta Formazione Maestri del Lavoro d’Italia” in sigla “CeSAF MAESTRI DEL LAVORO” è legalmente costituito in associazione culturale, senza scopo di lucro. Cura e promuove la formazione dei Maestri del Lavoro aderenti e degli affiliati laici intesi come persone non insignite Stella al Merito, ma che perseguono gli stessi fini quali: favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e a diffondere i sani principi a esso connessi, così come richiesto dal decreto del ministero del lavoro firmato dal presidente della repubblica per l’assegnazione della Stella al Merito.