CARMELO CASABONA NON C’E’ PIU’
Nel ricordo di Carmelo Casabona, il Prefetto Carmelo Casabona, balzano alla mente frammenti di vita e d’immagini condivise per circa tre anni in Terra di Lavoro.
Era un gran poliziotto, di quelli abituati a battere il terreno, per cercare ele-menti da montare con cura e sbattere dentro i criminali. Dietro gli abiti impec-cabili, e le cravatte sovente elegantemente sgargianti – quasi a mitigare l’aspetto burbero – vi era uomo delle Istituzioni che aveva eletto la guerra alle mafie come una missione. Uno che disdegnava destinazioni comode: non a caso dopo Caserta filò a Reggio Calabria, a reggere altra questura di frontiera.
Nemico amatissimo, ci siamo accapigliati più volte, nella ricerca di dare un risultato sempre migliore ai cittadini che pagavano le tasse. Un modo per es-sere fedele al cliché col quale era giunto, perché entrambi provenienti dalla terra di Pirandello, sapevamo cosa volesse dire vestire una maschera, anche per non deludere chi quella voleva.
A Caserta fece molto, per rendere concorrenziale una Questura che nell’ultimo tratto di tempo aveva brillato meno. L’intuizione di sistemare una sezione della Squadra Mobile di Caserta a Casal di Principe, l’individuazione di col-laboratori d’eccezione, la motivazione instillata, l’accettazione dell’impiego dello strumento militare dell’Esercito per mettere fine alla malvagia e sangui-naria stagione di Giuseppe Setola, 0’ Cecato. Non è stato poco, anche se tutto il lavoro preparatorio necessita di tempo per fruttare. E infatti questo lavoro intenso, “arrabbiato”, dette i suoi risultati a chi lo seguì, l’ottimo questore Guido Longo che sempre gli riconobbe i suoi meriti.
Avevamo convinzioni diverse – lui concepiva la funzione di polizia relegata alle strutture civili, io – naturalmente – ero d’altro avviso, ma nel nostro leale battagliare mai perse di vista il dovere morale di congratularsi con noi dell’Arma, nelle occasioni buone. Meritando stessa attenzione.
Lo ritrovai a Sondrio, Prefetto. Onestamente non riuscivo a comprendere come si fosse adeguato ad uno scenario di tutta tranquillità. Ci salutammo con piacere, consapevoli d’aver vissuto un bel periodo, al servizio dell’Italia.
Lo cercai e lo riuscii a contattare ancora nel suo buen retiro in terra di Trina-cria, mentre prestavo ancora servizio ed ero responsabile dell’Arma di Sicilia e Calabria. Percepirne la voce affaticata mi colpì, per quanto si sia coscienti che questa è la regola delle cose.
Non era più quello che – spiegavo con affettuosa celia – divideva il mondo in due categorie. Quelli con cui aveva litigato, e coloro che erano in lista d’attesa.
Il bello è che in quegli anni ci siamo sempre compresi e rispettati. Incrociando da qualche altra parte i nostri passi, non avremo più bisogno d’entrare a gamba tesa.
Ciao Carmelo, quindi. Un Gran Poliziotto.