L’opinione di un maestro: A proposito di Mario Draghi

A proposito di Mario Draghi, che non è un politico ma un Banchiere Centrale. In un frangente ed in un contesto di concomitanti crisi: internazionale, delle istituzioni, dell’economia, della finanza, del commercio, della distribuzione, della politica, è stato esortato a guidare, governare e rappresentare al più alto livello il nostro Paese, ragionevolmente, con gli strumenti del management e della diplomazia propri della sua formazione culturale, professionale ed accademica.

Non deve quindi stupire che abbia rassegnato le dimissioni da Capo di un Governo sostenuto da un Parlamento formato da politici.

Diversamente dal manager il politico è connesso con la dimensione della scelta e della decisione in uno spazio entro cui si scontrano visioni diverse – secondo la diade oppositiva di amico e nemico – sulla direzione generale e totale della vita associata e dell’organizzazione collettiva delle esistenze di vita quotidiana dei singoli cittadini.

Peraltro, in questi ultimi anni, questo spazio è stato abbandonato dalla politica ed è stato consegnato al mercato, alla sua autocrazia, alla sua superiore potenza invasiva e pervasiva. Quelle che una volta erano espressioni e manifestazioni della vita pubblica sono andate mano mano sempre più ripiegandosi nell’esistenza privata; nel contempo alimentando nuove utopie e mettendo in congedo i vecchi sogni sociali e di redenzione corale. In luogo della dimensione pubblica sociale e solidale si sono consolidate tante piccole utopie private, se non privatizzate, rigorosamente in forma di egoistici ed effimeri tornaconti materiali ed apparentemente esistenziali da esporre come cimeli sui vari social.

Lontane dalla politica, narcisistiche, individualistiche e consumistiche le utopie/aspirazioni spaziano dal desiderio dell’allungamento della vita, alla rimozione delle tracce della vecchiaia, al sogno della eterna giovinezza, a quello dell’acquisto di nuove e sfavillanti merci liberamente circolanti e più difficilmente accessibili per via dei costi.

In tal guisa appare naturale celebrare il trionfo, in forma inedita, dell’”anima bella” di hegheliana memoria che, come forse noto, rifluisce nelle molteplici forme dell’atomistica individualistica, per cui ciascuno aspira alla sua propria “fetta di cielo” e pensa che il mondo intero debba piegarsi al suo capriccioso volere individuale.

Nell’antico adagio “mors tua, vita mea” si compendia il tratto intimamente cinico di chi si compiace della propria supposta, supponente, superiore capacità adattiva e rivendicativa, tutta da verificare col senno di poi, spesso amplificata dal sottile ed incomfessabile piacere tratto dalle altrui sventure. In questi ultimi giorni, con richiamo alla individualizzazione generalizzata, abbiamo assistito al transito dalla moderna “ragion pratica” razionale e di ispirazione kantiana e fichtiana, propria di chi interviene sulle strutture statali, sociali e produttive di un Paese per innovarle e migliorarle, alla post moderna “ragion cinica” di chi mira unicamente alla propria salvezza individuale, nel trionfo della più spiccata irresponsabilità verso il resto del mondo.

Per altro verso e sotto altro aspetto, finanche quel resto del mondo d’oltre oceano, additato come esempio di democrazia, è rimasto interdetto dalla vicenda politica italiana. Negli USA p. es., come riportato dal giornalista Federico Rampini, il giorno delle dimissioni di Draghi la notizia sulla stampa americana ha avuto ampio risalto e grande diffusione e risonanza. Dopo poche ore, però, i giornali non ne hanno più parlato poiché i commentatori politici non riuscivano a spiegarsi ed a spiegare ai loro lettori i motivi, il paradosso, le ragioni la “ratio” della rinuncia al mandato e dello sciglimento delle Camere.

La chiave di lettura del messaggio subliminale recepito dalla cittadinanza, che forma poi la classe elettorale, svela ed appalesa che la sopravvivenza politica cessa di essere concepita e praticata secondo i canoni delle moderne democrazie liberali, come soluzione corale, ottenuta mediante la riorganizzazione operativa delle geometrie del governo degli aggregati sociali ed economici e delle variabili politiche. In suo luogo, si va a configurare una sorta di soteriologia individualistica (salvezza individuale) in virtù e per effetto della quale ci si pone in una non trasparente condizione di resilienza politica anche al netto del gravame delle sofferenze e delle problematiche dell’altrui circostante (la collettività) e delle contraddizioni obiettive che vanno a contaminare l’ordine delle cose. Evapora il concetto, la categoria concettuale del Noi solidale ed il suo spazio è occupato dalla molteplicità caleidoscopica di monadi isolati ed in competizione che cercano di sopravvivere adattandosi e lasciandosi trascinare di volta in volta verso quello che appare, sondaggi alla mano, il carro del vincitore.

G. Taddei

P. S.

Albert Camus, scrittore, 1913/1960: “Il senso dell’esistenza sta nell’accettare il suo non senso, dacché essa (l’esistenza) sarà tanto meglio vissuta in quanto non avrà alcun senso”.

Tommaso Campanella, filosofo, 1568/1639: “L’uomo non può fare quel che non crede di poter fare

Pubblicato da maestrilavoro

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