I padri della robotica manifatturiera in webinar su FB

Sarà l’ing Italo del Gaudio capo della ricerca della Osai intervistato dal presidente del CeSAF a illustrare agli studenti dell’ITIS Giordani di Caserta dell’avventura di progettare e realizzare tra gli stabilimenti Olivetti di Scarmagno (to) e Marcianise (CE) uno dei primo robot manifatturieri che da li a qualche decennio avrebbero sostituito gli operai sulle linee di montaggio.

Un lavoro di pionieri raccontato sia dall’Ing. Del Gaudio nel suo libro autobiografico dal titolo “Non scaldarti troppo” e dall’ing. Mario Salmon nel sua pubblicazione su Amazon dal titolo “ANNI 70: UN CASO DI INNOVAZIONE E DI VITA ALLA OLIVETTI”

Il primo libro sarà presento anche nel corso del webinar  che si terrà il 16 dicembre alle ore 16 e dal quale riportiamo uno stralcio.

 

LA TERZA AZIENDA
Il pullman aziendale si mosse a strattoni lasciando piazza Castello a Milano, diretto ad Ivrea, in un sereno pomeriggio di settembre con il suo carico di impiegati, dirigenti e candidati che trovavano comodo raggiungere la sede con quel mezzo che li avrebbe condotti fin nel piazzale del palazzo uffici 1 (allora vi era solo quello progettato nel 1962 dagli architetti G.A. Bernasconi, A.
Fiocchi e M. Nizzoli, poi sarebbe sorto il secondo nel 1988 su progetto dell’arch. Gino Valle).
Chi leggeva il corriere, chi sfogliava una nutrita documentazione, chi sonnecchiava.
Guardavo, dal finestrino impolverato, le strade milanesi che si pavoneggiavano tra i raggi del sole che
al tramonto avevano assunto il colore che gli architetti chiamano “arancio Sottsass” (dal nome del celeberrimo architetto Ettore Sottsass nato a Innsbruck nel 1917 che iniziò la sua collaborazione dagli anni ’50, vincendo il compasso d’ oro nel 1970 per il design delle macchine da scrivere), che avrei conosciuto nel 1982, in occasione del lancio del suo “Icarus furnishing system”) e le policrome luci delle vetrine nell’ ora di maggior traffico, mentre rimuginavo sulla convocazione ricevuta.
La telefonata per la convocazione mi aveva raggiunto mentre ero in riunione ad Orbassano, di venerdì e già pregustavo il rientro con l’ ultimo aereo per Napoli. Lo scilinguagnolo un po’ lamentoso ma convincente del mio interlocutore, che, peraltro in maniera misteriosa, mi aveva rintracciato nella sala riunioni della azienda nella quale operavo, mi aveva convinto a raggiungerlo,
il sabato successivo a palazzo uffici di mattina presto. Giunto puntualissimo, per merito del trenino locale, lo incontrai in veste di selezionatore. Era un barbuto giovane, reduce dagli allori, colti dapprima al Poli di Milano, poi ad un corso di perfezionamento in gestione delle risorse umane, (neologismo, allora, di recentissima introduzione, che, nel momento in cui veniva pronunciato, distingueva i bocconiani dai comuni mortali).
Il selezionatore, o meglio, cacciatore di teste, dopo aver svelato il mistero del mio reperimento, chiarendo che il nominativo gli era stato fornito da un professore dell’ Università di Napoli (Marcello Lando, quello della vecchietta e del faire savoire della tavola rotonda presso l’ Unione degli Industriali di Napoli), e aver dialogato lungamente su vari campi dello scibile e sui temi dell’ attualità, mi spiegò che erano già stati preselezionati laureati esperti , neo-laureati, diplomati, via via fino agli operai come per un team della Ferrari o meglio per la Nasa in occasione della operazione Apollo.
Era questo infatti il secondo stadio di un operazione veramente imponente e innovativa per il Mezzogiorno : portare le tecnologie avanzate, dal freddo e rigoroso Nord al Sud tutto calore e creatività.
Nell’ultimo decennio, l’azienda stava subendo profonde trasformazioni, conseguenza di spinte interne
molto forti da parte dei tecnologi, che stavano acquisendo sempre maggior potere, a causa delle forti
innovazioni che andavano introducendo giorno per giorno. poiché a causa dell’aprirsi dell’azienda ai
contatti con gli Stati Uniti, giovani ingegneri e tecnici,introducevano nuove tecnologie delle materie plastiche, della sinterizzazione, sviluppando macchinari speciali realizzati ad hoc, per ottenere quelle meraviglie della tecnica che erano le calcolatrici elettromeccaniche e le macchine da scrivere.
In quel periodo la meccanica era così raffinata in azienda, da raggiungere livelli di precisione così elevati dei meccanismi, al punto che essi erano così compatti da avere una densità quasi pari a quella dell’acciaio.
Inoltre in quel periodo aureo, il prezzo di vendita e il valore commerciale dei prodotti era un multiplo di
almeno dieci volte il costo di prodotto (un caso emblematico era la calcolatrice elettromeccanica più
complessa, credo che fosse la Divisumma 24 che costava intorno alle 50’000 lire e si vendeva ad oltre 600’000). La padronanza acquisita nelle nuove tecnologie, convinse dapprima i tecnici, poi gli azionisti che esse potevano essere vendute anche all’esterno dell’ azienda, creando linee di business alternativo ai prodotti tradizionali. Cominciavano a nascere, pertanto, allo scopo di commercializzare le tecnologie verso l’esterno, le aziende consociate come quella che produceva manufatti in elastomeri e plastica ad alto contenuto tecnologico, la Manifattura Valle dell ‘Orco localizzata nella Valle del fiume Orco, quella che produceva sinterizzati, un altra che produceva motori passo passo (cioè motori denominati con termine anglosassone “stepping motors”, che anziché girare in modo continuo, procedendo a scatti regolari, aprivano nuovi orizzonti all’ automazione e, che, successivamente, hanno permesso la realizzazione di fax e stampanti a basso costo), ed altri componenti elettromeccanici di precisione, queste ultime localizzate nei pressi di Ivrea.
Per conferire a queste aziende che iniziavano a proliferare, unitarietà di gestione, nacque, pertanto, la DCI, Direzione Consociate Italia.
Nel campo delle macchine utensili, a causa dell’imponente sviluppo della meccanica già citata, era
sorta un officina all’avanguardia della realizzazione di macchine operatrici specializzate per la produzione di particolari e stampi per impiego all’ interno dell’ azienda, e furono iniziati i primi prototipi di macchine a controllo numerico e poi di robot; pertanto maturò l’idea di vendere all’esterno questo know how, che qualche dirigente pronunciava in italo piemontese “no aut”. Si decise di farlo creando un azienda completa di tutti gli organismi dal marketing alla rete commerciale, alla ricerca e sviluppo, progetti, produzione, pianificazione e quant’ altro.

 

 

 

Pubblicato da maestrilavoro

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