Gorbachov è stato un uomo di sentimento.

di Giuseppe Ferraro 
Sto pensando a Gorbachov nel giorno del suo funerale senza Stato. È scomparso nel momento in cui più tragico è l’effetto della fine di quel tempo che segnò lo scioglimento dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Fu la fine di una rivoluzione che era durata un solo ottobre senza mai cominciare come era stata immaginata. Gorbachov è stato un uomo di sentimento. Non potremmo parlare di lui come di un politico e segretario del partito. È stato diverso. Non sapremo mai di lui, né avremo diritto a collocarlo nel quadro del realismo politico calcolato in quota di potere.
Ogni giudizio per lui può, e deve, essere riflettente, deve far riflettere, può solo essere personale e ispirarsi ad un fine che è solo regolativo, parziale e non di parte. Bisogna esserne coinvolti come persona. Con lui quella rivoluzione di ottobre si riaprì per chiudersi per sempre con l’empeachment decretato da Eltsin, guidato da Putin.
Quelle sue due voci “perestrojka”, “ricostruzione” e “glasnost”, “trasparenza”, furono la speranza di una rivoluzione attesa e di nuovo perduta. Quelle voci furono pari a quella del bambino del Re nudo della favola. Mi chiedo quando sarà mai possibile una politica favolosa, dove il potere si dà senza diventare di proprietà.
Goborchov, si dirà, è stato un ingenuo dissipando un’idea sociale nel mentre provava a ricostruirla in trasparenza. Aveva compreso che era tutta di carta quella che si presentava come una potenza a difesa di un mondo fuori del capitalismo onnivoro per finirci dentro egli stesso suo malgrado ed esserne divorato.
Sciogliere quell’Unione di Repubbliche, lasciando che ognuna si sentisse padrona del proprio destino, fu un’azione giusta che andava certo assistita e tutelata nella pratica di libera solidarietà. Mi viene da ricordare la promulgazione dell’abolizione della schiavitù in Brasile che fu emanata quando i padroni non avevano più i mezzi per sostenerli a loro servizio, lasciandoli per strada a pagarsi da soli quel poco da mangiare che avrebbero potuto procurarsi da soli per strada.
Il fatto è ora che la Russia come nazione rivuole quell’Unione territoriale per ergersi a potenza zarista. Il fatto è che gli USA continuano a scambiare la democrazia con la propria supremazia. Il fatto è che siamo in guerra ed è una guerra subìta da chi non la vuole. Chi la procura è per il proprio interesse di potere che non riguarda chi vive guadagnando per la giornata o senza nemmeno arrivare a sera e dover pensare a un domani incerto e crudele.
Capisco una cosa adesso, meglio che prima, il popolo non è la nazione. Capisco che popolo non è un’identità di razza, ma è la moltitudine che si trova in basso e disperata venendo sfruttata per affermare confini di potere. Si dice figlio del popolo per dire che viene dal basso; si prova a dare un valore di classe e si distingue un soggetto politico in funzione della forza di sviluppo; si prova a dire di partire dal basso per governare secondo giustizia. Si deve dire ora che il popolo non è la nazione.
La scena della nostra storia attuale è dominata dal nazionalismo e dallo sfruttamento del popolo a difesa degli interessi di un potere che al popolo proprio non interessa, non interessa alla gente comune, non interessa a chi vuole vivere in pace.
Intanto i più giovani e i meno giovani di questo potere e di questa guerra non sanno cosa farsene e non la vogliano. Pensano al clima, ai diritti, a un mondo senza confini, senza popolo e nazione, perché la vita è fatta di persone, senza razza e distinzioni, la loro è una rivoluzione mite perché non vogliono il potere, ma un governo della cura e del sapere.
Intanto ci viene ogni giorno imposta la percezione della fine senza si possa intravvedere intravvedere un fine in quello che succede. Si è ridotto lo spazio di visibilità. La percezione si è ristretta all’adesso e alla sua fine. Si cercano le condizioni di vita su Marte, mentre si distruggono le condizioni di vivere sulla Terra. Una follia. Andare su Marte costa più di quanto possa salvare la Terra dalla rovina. La tecnologia procura una percezione instagrammata, fatta a tik e tok, smemorante, per cercare nell’attimo il piacere e il gusto del non senso. Ed è una critica all’esistente che ancora non intendiamo quali saranno gli effetti indotti o riusciti ad aprire nuove vie. I messaggi sono effimeri come ogni attimo di una fine senza un fine.
Gorbachov è stato il sogno di un ricordo di ottobre. Anche quest’anno sarà ottobre a nutrire il desiderio disperato di un mondo senza potere, lontano dall’interesse di una guerra che porta solo vantaggi ai fabbricatori di armi e ai gestori dei flussi finanziari.
C’è la gente comune, quella del popolo alle esequie senza Stato di quest’oggi. Gorbachv è stato debole? Sì! E stato ingenuo? Sì! È stato innamorato? Sì! Voglio sentirmi anch’io sincero come chi il potere dei confini non lo vuole perché il mondo sia migliore.

Pubblicato da maestrilavoro

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