Giorno della memoria: le vittime delle foibe

di Edoardo Patriarca, (presidente nazionale ANLA)

Il 10 febbraio celebriamo il Giorno del Ricordo istituito con legge nel 2004  per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

La data non è casuale: il 10 febbraio 1947 furono firmati i trattati di Pace a Parigi che assegnavano l’Istria, Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia, territori dati a suo tempo all’Italia con il Patto di Londra dopo la prima guerra mondiale. Con il ritorno di questi territori alla Jugoslavia il regime “titino” avviò una rappresaglia feroce nei confronti dei cittadini italiani, ritenuti tutti implicitamente colpevoli di  collaborazione con il regime fascista, fino a configurare quella che oggi gli storici descrivono come una vera e propria pulizia etnica: prigionia, campi di lavoro forzato e morte nelle foibe. Un esodo di massa che coinvolse tra le 250mila e 350mila persone accolte spesso con diffidenza e pregiudizio, e fino al 1960 dimenticati in   campi profughi sporchi e fatiscenti. Erano italiani: una intera comunità che aveva perso tutto pagando  per una guerra voluta dal regime fascista e   da  una classe dirigente misera, presa da mire espansionistiche indecenti.

Su queste tristi e drammatiche vicende per decenni fu steso un velo di silenzio interessato e trasversale: per non ricordare le connivenze con il regime titino, per far dimenticare la politica avventurista del regime fascista, per non mettere in crisi la nuova collocazione internazionale della Jugoslavia “amica dell’Occidente” dopo la rottura tra Tito e Stalin. Così, fino alla caduta del Muro di Berlino, parlare della tragedia del Confine orientale non conveniva a nessuno.

Oggi, rileggendo le dichiarazioni dei Presidenti Napolitano e di Mattarella, dei presidenti delle Camere e di tanti leader politici,    condividiamo il “ricordo” di quegli eventi drammatici nonostante le contrapposizioni ideologiche di alcune minoranze che annebbiano quel passato e non aiutano la comprensione di quanto è accaduto. Piccole frange ancora tentate di utilizzare la storia di quel dramma per un uso politico becero e strumentale. Al contrario le commemorazioni sono celebrate per unire nel nome della dignità inviolabile della persona, vero bersaglio di tutte le persecuzioni,  e del no alle guerre come strumento di risoluzione  dei conflitti internazionali. Noi di ANLA celebriamo questa giornata con compostezza, nel ricordo delle migliaia di connazionali uccisi, torturati e violentati. Vegliando soprattutto! Rifuggendo dalla retorica stucchevole degli italiani ‘brava gente’: furono tanti quelli   che accettarono la logica predatoria di un regime disumano come quello fascista, furono tanti quelli che simpatizzarono per un regime altrettanto disumano come quello comunista-titino. E ci opponiamo a coloro che vedono la tragedia delle Foibe come un improbabile contrappeso ai lager nazisti, o chi vorrebbe derubricarla a una punizione, tutto sommato meritata, ai ‘fascisti’.

Noi siamo da un’altra parte, commossi e partecipi, vicini alle famiglie toccate da questa violenza inenarrabile. E vegliamo come “anziani” (in latino antenaus o antianus deriva da antea che significa “prima”), di quelli “chi ci sono da prima”. A noi antianus spetta  il compito di vegliare e fare memoria, a tenere alto lo sguardo, aiutando coloro che sono “giunti dopo” – i nostri figli, i nipoti, le giovani generazioni – a non dimenticare e a vigilare.

Pubblicato da maestrilavoro

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