Nella giornata inaugurale è stato  il direttore de “L’Osservatore Romano”, Andrea Monda, a dialogare con il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei,  “Un appuntamento –come ha precisato  una nota della diocesi – inedito: le due personalità non si erano mai incontrate prima per un dibattito pubblico. Si parlerà di Tempo del creato, migranti e ovviamente della ex Caserma Macrico, che sia il card. Zuppi che Andrea Monda visiteranno mercoledì prossimo prima del confronto pubblico”.

Il  Festival dedicato alla “Laudato si’”, l’enciclica di Papa Francesco, nell’ex caserma di Caserta, trasformata dalla diocesi in un campo di pace, accoglienza e condivisione per i casertani e per tutti gli uomini di buona volontà. È frutto di un’idea del vescovo di Caserta, mons. Pietro Lagnese, per trasformare l’ex caserma militare, luogo per definizione bellico, in uno spazio che verrà intitolato proprio alla enciclica del Pontefice come “Campo Laudato si’”. “Il Festival, alla prima edizione, costruito tutto sul rispetto dell’ambiente e sulla partecipazione civica, è il tentativo della diocesi – prosegue la nota – di coniugare la presenza delle persone nella struttura con quello di diventare un luogo di riflessione e confronto per tutto il Paese”. “Il Festival Laudato si’ – ha spiegato mons. Lagnese nella lettera di invito ai casertani – si terrà nell’area in passato nota come Macrico, da tanti anni in stato di abbandono e attualmente di proprietà dell’Istituto diocesano per il Sostentamento Clero di Caserta. Quell’area, un tempo giardino dell’episcopio, e successivamente utilizzata prima come campo di addestramento militare e poi come centro di rimessaggio per mezzi corazzati, sarà nei prossimi anni restituita alla sua vocazione originaria e messa a disposizione dei cittadini come bene comune: ritornerà a essere un giardino, un campo di pace e di vita, d’incontro, di inclusione e di dialogo tra generazioni”.

Fu Vincenzo Memma a proporre per la prima volta nei lontani anni del fascismo la trasormazione dell’area. Era  uno dei più attivi costruttori casertani del secolo scorso.  Come si evinca in una rara pubblicazione di Mauro Nemesio Rossi. Memma ideatore e realizzatore del piano regolatore della città di Caserta fu uno dei primi ad intraprendere la battaglia per dare ai casertani la Piazza d’Armi, oggi identificata come Macrico.
Nel suo piano si ipotizzava l’inserimento di quell’area nel contesto urbano in modo armonico e tenedo conto del tracciato della stradi principali. Corso Trieste e via Roma erano il punto di partenza per la geometria delle nuove arterie che dovevano servire a costruire una zona residenziale per piccole villette, altezza massima due piani, da assegnare ai combattenti e non solo, dopo la lottizzazione.

“I l Demanio dello Stato, che nel 1854 prese in enfiteusi perpetua i 35 ettari di suolo all’estremità del Corso Umberto, per destinarle agli esercizi dell’imponente guarnigione di quell’epoca, è capitato, col tempo ed il fatale trasformarsi delle cose, in un dilemma meraviglioso per semplicità e ricco di concrete promesse, perché l’istruzione collettiva dell’ordinario Presidio di Caserta ha bisogno ancora di un vastissimo campo di esercitazioni e l’attuale, avendo acquisito pregi infinitamente superiori a quelli di una Piazza d’Armi, rappresenta un lusso sconveniente; ovvero quei suoli non sono più necessari, come una volta, e vanno con urgenza destinati a migliore avvenire.
Spiegare le cause che in mezzo secolo hanno elevato al decuplo il valore della nostra Piazza d’Armi, può sembrare superfluo; ma, per chi rifletta all’importanza straordinaria dell’avvenimento che vado suscitando, ed al rapido diffondersi del dibattito negli strati più sensibili del popolo, riuscirà opportuno far comprendere che, se un valore notevolissimo è andato formandosi accanto alla città, tutto devesi a virtù cittadine, nulla ad estranei interventi. I pregi acquisiti da quel campo non sono dovuti ad opere, trasformazioni o cure del Demanio, né il tempo ha conferito a quei suoli qualità nuove inesistenti; viceversa, anche gli osservatori superficiali comprendono che il graduale, magnifico sviluppo edilizio della città, frutto genuino del risparmio, è stato l’unico trasformatore di quelle zolle da campestri in edificatorie lontane dall’abitato nel 1854, raggiunte e quasi circondate oggi da costruzioni, testimoniano delle virtù ataviche di questa cittadinanza, dedicata alla parsimonia ed al lavoro. Il merito, dunque, della cittadinanza non può esser conteso senza provocare acuti dolori e, se anche per vie indirette si cercasse un appiglio di contestazione, si farebbe opera vana poiché è noto, purtroppo, che niuna forma d’incoraggiamento piovve mai sulla città dall’epoca borbonica ad oggi, non premi a costruttori, benefici sopra imposte o creazione di traffici, pur largamente prodigati altrove, e neanche una Sezione di Tribunale venne mai, almeno in omaggio al pomposo titolo di Capoluogo”.

Vincenzo Memma (Caserta, 24/1/1868 – 6/12/1949) . Urbanista. Nato e vissuto in una delle zone più antiche della città e cioè il vicolo “delle carceri”, oggi Cimabue. Laureato in Ingegneria ed Architettura all’Università di Napoli. E’ stato direttore dei lavori, tra l’altro, della Piazzetta dei Commestibili, della sede del Banco di Napoli in Via Cesare Battisti, dell’edificio della Posta Centrale in Piazza Duomo. Progettò la Camera di Commercio, le Palazzine dei Ferrovieri in Via Roma. Dopo Luigi Fabricat fu Presidente dell’Istituto Case Popolari. La vera vocazione del Memma fu quella urbanistic